Viviamo il presente pensando al futuro

In questi giorni si susseguono una serie di iniziative volte a ricomporre a unità la presenza dei cattolici liberal-moderati che si riconoscono nel popolarismo del PPE. Un dibattito vivace, motivato e razionale articolato tra partiti e movimenti della cosiddetta società civile.

Certo, ci sono difficoltà spesso di piccolo cabotaggio che frenano il percorso per interessi del tutto personali, ma i meccanismi della politica, una volta messi in moto, sanno travolgere ogni ostacolo. L’unità tanto auspicata, per essere perseguita, deve rispondere inizialmente alle seguenti semplici domande: Si è disposti ognuno a rinunciare alle attuali sigle di appartenenza per riconoscersi in un unico simbolo? Si è pronti a non definire aprioristicamente leadership, affidandole invece a un percorso democratico che trovi legittimazione congressuale nella classe dirigente del nuovo partito? La forma partito avrà regole di partecipazione in grado di premiare centralmente e localmente consenso e meritocrazia quali caratteristiche fondamentali per chi ne avrà la rappresentanza? I contenuti programmatici sapranno essere conseguenza dei valori e dei principi del popolarismo in modo da giustificarne le ragioni dell’alternatività a chi persegue visioni diverse della società?

Se tutto questo verrà discusso e approvato all’unanimità, le difficoltà di oggi verranno superate. Se invece ognuno pensa di ritagliarsi una rendita di posizione particolare nel contesto generale, allora non si andrà da nessuna parte. Il che significherebbe inevitabilmente lasciare che lo spazio politico sia affidato come oggi solo a Renzi, Grillo e Berlusconi con un astensionismo vicino al 50 per cento.

Non abbiamo più tempo a disposizione. Il patto del Nazareno è una tenaglia che tenta di farci fuori con riforme istituzionali (Senato, aree metropolitane), elettorali (porcellum, italicum), funzionali solo a Renzi per un verso e a Berlusconi per un altro. Ma così si riduce il tasso di democrazia del nostro Paese.

Abbiamo il dovere di invertire la rotta. Per farlo l’Italia deve ritrovare valori e idealità ormai considerate obsolete. La classe politica, per definirsi “dirigente”, deve avere la capacità di “dirigere” la società verso il bene comune e non rincorrere i bisogni individuali spesso contraddittori e indirizzati a interessi assolutamente particolari. Una direzione animata da valori universali, ideali forti, che caratterizzino l’azione di governo centrale e locale. Faccio un esempio molto semplice: noi Popolari gli 80 euro li avremmo devoluti ai 4milioni di cittadini con pensioni minime ed esodati. Renzi ha preferito demagogicamente i 10milioni di cittadini con un reddito superiore perché alla vigilia della campagna elettorale.

In caso contrario a vincere sarà il populismo dando vita a forme “peroniste” apparentemente democratiche, sostanzialmente assolutiste. Un’importante tornata elettorale quale quella generale è alle porte. Teniamo a mente Seneca: “Si volge ad attendere supinamente il futuro solo chi non sa vivere il presente”.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo è Vicepresidente nazionale dei Popolari per l’Italia]

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