Il Trattato di Nizza
Si parla spesso di quali debbano essere gli obiettivi dell’Unione Europea, assodato che la mission di una simile comunità non può ridursi a pratiche meramente finanziarie e legislative, possiamo tranquillamente affermare che debbano portare al miglioramento della società e della comunità dei cittadini europei. Se filosoficamente si dichiara che uno dei target dell’Unione è migliorare la vita dei propri cittadini, quale miglior campo di azione ci può essere che garantire un avanzato insieme di diritti fondamentali per la persona? Dai primi anni ’70 la definizione di quali fossero questi diritti era descritta dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU). Firmata nel 1950 (Italia nel 1955) e resa efficace con 14 diversi protocolli integrativi nel 1970, dal diritto alla proprietà al quello all’istruzione, dalle libere elezioni all’abolizione della pena di morte. Pur nata sotto gli auspici del Consiglio d’Europa, la CEDU non ha mai visto l’adesione della UE, questo in base in un parere del 28 marzo 1996, con questo la Corte di giustizia stabilì che la Comunità non poteva aderire a tale convenzione poiché il trattato CE non prevede alcuna competenza delle istituzioni comunitarie per emanare norme o concludere accordi internazionali in materia di diritti dell’uomo. I principi della CEDU sono comunque stati ripresi dal Trattato di Amsterdam e riconosciuti nella loro fondatezza dalla Corte Europea.
Il trattato di Nizza è uno dei trattati fondamentali dell’Unione europea, e riguarda le riforme istituzionali da attuare in vista dell’adesione di altri Stati. Firmato il 26 febbraio 2001, è entrato in vigore il 1 febbraio 2003 dopo essere stato ratificato dagli allora 15 Stati membri dell’Unione europea. Il trattato di Nizza ha inciso su dimensioni e composizione della commissione, ponderazione dei voti in consiglio, estensione del voto a maggioranza qualificata ed introduzione della procedura di codecisione. Inoltre è stato modificato il numero di deputati al Parlamento europeo per ogni Stato membro. Avvalendosi della clausola di opt-out, alcuni paesi hanno mantenuto il proprio diritto di veto: il Regno Unito per il fisco e la sicurezza sociale, la Germania per l’asilo e l’immigrazione (almeno fino al 2004), la Spagna per i fondi strutturali, la Francia per l’audiovisivo
Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore il 1 dicembre 2009, non ha ripreso al suo interno il testo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, detta anche Carta di Nizza,, ma l’ha comunque inserita come allegato facendola assurgere a grado giuridicamente vincolante secondo il disposto dell’art. 6: “L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. Questo comporta che le Istituzioni dell’Unione, in tutte le loro azioni o iniziative legislative, devono tener conto dei diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei. La Carta di Nizza si articola in 7 capi: Dignità (art 1-5); Libertà (art. 6-19); Uguaglianza (art. 20-26); Solidarietà (art. 27-38); Cittadinanza (art. 39-46); Giustizia (art. 47-50). Il settimo capo (art. 51-54) è rappresentato da una serie di “Disposizioni Generali” che precisano l’articolazione della Carta con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
Cosa ha comportato l’inserimento della Carta di Nizza nel Trattato di Lisbona? Avere dato valenza giuridica di Trattato alla Carta ha fatto sì che, quando nel 2012 fu modificato l’art.117 della Costituzione Italiana donando forza costituzionale ai trattati europei, questo norme hanno assunto una posizione preminente rispetto alla legislazione ordinaria. Per valutarne i possibili effetti si può riprendere la recente intervista al Presidente Emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, per restare su un tema attuale come il jobs act, si evidenzia il possibile conflitto in caso di abrogazione tout-court dell’art.18 rispetto al disposto dell’art.30 della Carta di Nizza.
In conclusione dobbiamo rimarcare come una ancora imperfetta integrazione comunitaria comporti che il normato della Carta di Nizza resti confinata a quanto disposto dal diritto UE e non si applica ai casi che non sono da esso regolati. Ultimo caso è stata la sentenza della Corte di Giustizia relativa al caso Aklagaren (un pescatore svedese), qui è stato ribadito che la Carta non trova applicazione quando il diritto UE non entra in gioco.
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