Cronache britanniche
Londra – Sembrava pace fatta, o almeno pareva che la tregua potesse durare più a lungo, e invece Londra e Edimburgo sono tornate a confrontarsi nuovamente a muso duro. Questa volta non c’entra nulla l’indipendenza, o meglio non quella della Scozia: lo scontro riguarda Bruxelles. Nicola Sturgeon, attuale numero due del SNP (Scottish National Party), ma presto leader del partito indipendentista e conseguentemente nuova First Minister a seguito dell’annunciato passo indietro di Alex Salmond, ha infatti espresso l’intenzione di usare il pugno di ferro contro Cameron, e in particolare contro il referendum sulla permanenza o meno in Europa del Regno Unito proclamato dal premier britannico come elemento prioritario del suo programma elettorale.
La Sturgeon ha detto che la Scozia porrà il suo veto su una possibile uscita dall’Europa contro la propria volontà, definendo “democraticamente indifendibile” una scelta unilaterale di Londra a tal riguardo. La “lady di ferro scozzese” ha promesso che presenterà una proposta di legge affinché anche Scozia, Galles e Irlanda del Nord possano dire la propria a favore o contro un’eventuale Brexit. Ovviamente, Cameron ha risposto per le righe, affermando che la Scozia non riceverà alcun trattamento speciale, non avrà nessun diritto di veto sul referendum e che il Regno Unito voterà unito. Di fatto, sebbene la Scozia abbia domandato e parzialmente ottenuto maggiore autonomia, in materia fiscale, la politica estera rimane sotto la gelosa custodia di Londra che non ha alcuna intenzione di fare delle concessioni in materia. Dunque, anche per ciò che concerne l’adesione all’UE, Downing Street non è obbligata a consultarsi con le cancellerie negli altri paesi facenti parte del Regno Unito.
Secondo un sondaggio di Ipsos Mori, se la Scozia votasse da sola, voterebbe a favore della permanenza (al 53%), ma il politologo John Curtice dell’ University of Strathclyde confuta le percentuali suggerendo che il risultato sarebbe tutt’altro che scontato. Insomma, concedere maggior poter giuridico a Edimburgo in una questione cosi delicata e decisiva per le sorti future del Regno Unito, potrebbe risultare pericoloso e probabilmente ne scaturirebbe un effetto boomerang, un rischio che Cameron questa volta non è decisamente disposto ad assumersi (gli sono evidentemente bastate le notti insonni prima del voto sull’indipendenza).
Certamente la Sturgeon, difendendo a spada tratta la permanenza della Scozia nell’UE ha voluto dare un doppio segnale a Londra e ai suoi principali partiti: da un lato ha voluto far intendere a Cameron, che non sarà per nulla una spina nel fianco di Westminster più piccola del suo predecessore, e dall’altro ha voluto dare un segnale forte ai laburisti, che stanno perdendo consensi in Scozia nonostante abbiano portato a termine vittoriosi la campagna del No all’indipendenza. Infatti, proprio questa settimana la loro leader scozzese Johann Lamont ha rassegnato le dimissioni a seguito di un acceso (almeno apparentemente) scontro con Ed Miliband, e la Sturgeon non ha perso l’occasione per mettere il dito nella piaga affermando che i laburisti in Scozia sono allo “sfascio”. Ora, dunque, non resta che vedere quali nuovi equilibri s’instaureranno tra Londra e Edimburgo. Molto dipenderà, ovviamente, da chi sostituirà la Lamont ai vertici del partito laburista scozzese, attualmente i nomi che circolano (quelli di Jim Murphy, Neil Findlay e Sarah Boyack) non animano certo i cuori degli iscritti al partito. Ma chissà che non si tratti proprio di una scelta mirata quella del candidato debole? Di fatto, la Lamont ha lasciato accusando i laburisti a Londra di trattare la Scozia come una semplice “filiale”, probabilmente Miliband a questo giro supporterà un candidato più “morbido” da gestire. Certo ad avvantaggiarsene sarà proprio l’SNP, e la sua futura leader e nuova “lady di ferro scozzese” Nicola Sturgeon.
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